Alcuni giorni fa alla Giornata Nazionale per l'Innovazione, il Ministro per l'Innovazione, Renato Brunetta, è letteralmente corso via quando una lavoratrice che aveva chiesto di interloquire con lui, si è presentata come rappresentante di una rete di precari (qui il video dell'evento). Correndo via, Brunetta ha esclamato:"questa è la peggiore Italia", caricando ancora di più di significato il suo gesto.
In questa sede non è mia intenzione soffermarmi sulla questione precarietà-istituzioni, quanto sul potere ormai assunto dal termine stesso 'precarietà'. Laura Fantone sottolinea:
E' importante (...) illustrare come il termine precarietà sia cambiato nel tempo, al punto che è, di fatto, divenuto divertente, addirittura trendy e forse troppo difficile da usare oggi. Negli anni Novanta era usato in senso sprezzante per identificare i supplenti della scuola. Nel settore pubblico il termine era sempre considerato negativo, dato che sottintendeva la mancanza del vantaggio importante di una vita sicura. (...) Una progressiva diffusione del termine precario ha gradualmente eroso lo stigma ad esso associato. Alla fine degli anni Novanta gli attivisti politici l'hanno reclamato nel tentativo di sollevare le coscienze e il dissenso riguardo all'aumento dei contratti a tempo determinato. L'utilizzo della parola precario è divenuto comune ed è stato usato con crescente orgoglio dall'anno 2000.
(Fantone, 2007)
Grazie al lavoro (concettuale, di pratica politica e di attivismo) dei movimenti, il termine precarietà è oggi un termine di forte impatto che non si può più ignorare. E' divenuto quasi simbolico di una lotta trasversale fra colori politici, età anagrafiche e strati sociali. Tornando quindi a Brunetta, il suo gesto di rifiuto assoluto al dialogo tradisce l'imbarazzo e l'incapacità di una certa politica di affrontare i problemi legati a questa parola, problemi creati da un sistema asservito al capitalismo liberista e globalizzatosi in modo selvaggio. La barriera eretta dal Ministro non durerà a lungo e, come dimostrano le proteste in Italia, in Spagna e in altre parti d'Europa e anche le rivoluzioni nel mondo arabo, presto dovrà fare i conti con il disagio crescente e quasi insopportabile della gente comune, disagio che il termine precarietà incarna in modo prepotente e liberatorio...